Le edicole degli Stati Uniti d’America perderanno una delle riviste che ha saputo regalare alcune delle copertine più iconiche della storia del Novecento e dei primi decenni degli anni Duemila: National Geographic.
La nota rivista, fondata nel 1888 a Washington, a partire dal prossimo anno non verrà più venduta in forma cartacea negli USA, ma punterà tutto sul digitale.
A certificarlo è l’ultimo taglio interno all’azienda e che ha coinvolto i giornalisti ancora presenti nello staff editoriale, come confermato dai diretti interessati sui social.
National Geographic dice addio al cartaceo
La notizia degli imminenti licenziamenti circolava dallo scorso aprile e ora è diventata realtà.
Come raccontato dal Washington Post, National Geographic ha salutato diciannove giornalisti che ancora componevano lo staff editoriale della rivista, chiudendo così di fatto un intero reparto.
Si tratta del secondo giro di tagli negli ultimi nove mesi. Il quarto dal 2015, quando la società ha iniziato a essere coinvolta in diversi cambi di proprietà.
Magazine creato a fine Ottocento da 33 accademici, scienziati e avventurieri, in 135 anni di storia si è affermato come il punto di riferimento per gli amanti dei viaggi e delle bellezze della Terra, raccontante sapientemente attraverso documentari, reportage, testi scritti e foto iconiche.

Una rivista vestita da opera d’arte e che ora abbandonerà la sua natura cartacea per puntare tutto sul web e restare al passo con le nuove tecnologie.
Secondo quanto spiegato dal Washington Post, a partire dal 2024 il magazine del National Geographic non sarà più presente nelle edicole degli Stati Uniti d’America e la compagnia già dai prossimi mesi non avrà più una redazione testuale composta da dipendenti interni.
A redigerla ci saranno liberi professionisti o redattori scelti per l’occasione dagli editori. Una serie di collaboratori esterni che permetteranno così all’azienda di risparmiare sul personale e cambiare radicalmente la propria filosofia.
Già lo scorso settembre sei importanti direttori erano stati rimossi dai propri incarichi, dando il via a una serie di licenziamenti che ha portato alla chiusura anche del piccolo reparto audio interno all’azienda e a un ridimensionamento del dipartimento fotografico, tratto distintivo del National Geographic.
Una serie di scelte drastiche prese a fronte del crollo che ha coinvolto l’editoria a livello globale e che ha spinto i proprietari dell’azienda a puntare su nuovi media.
Dai 12 milioni di abbonati negli USA di fine anni Ottanta, nel 2022 National Geographic ha registrato soltanto 1,8 milioni di abbonamenti complessivi.
Numeri che rispecchiano un declino iniziato per la rivista nel 2015, quando fu stipulato un accordo con la 21st Century Fox, che divenne azionista di maggioranza grazie a un investimento di 725 milioni di dollari. National Geographic è poi passato sotto il controllo della Walt Disney Company nel 2019, in un nuovo accordo da 71 miliardi di dollari tra la società celebre per i suoi cartoni animati e la già citata Fox.
Vari passaggi di testimone che hanno portato con loro diverse novità e hanno finito col relegare in secondo piano il magazine cartaceo, a favore dei nuovi canali tematici posti sulla tv via cavo: National Geographic e Nat Geo Wild.
Meno carta stampata, più video, insomma. Un trend che verrà cavalcato sempre di più in futuro, cercando di creare contenuti di qualità, ma dal costo decisamente più ridotto che in passato.
Come affermato da Chris Albert, portavoce di National Geographic:
“I cambiamenti in atto ci daranno maggiore flessibilità per raccontare storie diverse e incontrare il nostro pubblico ovunque si trovi nel Mondo, attraverso le nostre numerose piattaforme”.
La pubblicazione mensile della rivista non verrà influenzata. La differenza è che sarà disponibile esclusivamente in formato digitale. Questo è ciò che riporta l’azienda.
Una notizia che marca comunque la fine di un’era, come sottolineato sui social da alcuni dei giornalisti coinvolti nei licenziamenti.
“Sono stato fortunato. È stato un onore poter lavorare con giornalisti incredibili e raccontare storie importanti e di risonanza globale”.
Ha twittato Craig Welch, uno degli ex autori interni al National Geographic.