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Famiglia di una ragazza suicida denuncia Facebook, i social alimentano l’odio di proposito?

Se tutti avessero fatto il loro lavoro per proteggere Lindsay, sarebbe ancora viva”: sono queste le dichiarazioni della famiglia di una ragazza francese di 13 anni che si è tolta la vita a causa del cyberbullismo perpetuato nei suoi confronti. L’avvocato della famiglia della giovane ha commentato: “Il social network è stato completamente inadeguato nel permettere il proliferare di discorsi d’odio, anche dopo la morte della ragazza”.

I social alimentano davvero l’odio senza fare nulla a riguardo?

Nel 2021 un’ex dipendente di Meta, conosciuta come la “gola profondadi Facebook, aveva denunciato l’azienda di alimentare l’odio sul social senza fare nulla a riguardo, dichiarando: “C’era un piano di sicurezza e di controllo sui messaggi d’odio e sulla disinformazione che apparivano su Facebook, ma dopo le elezioni presidenziali del 2020 qualcosa è cambiato. Gli algoritmi sono cambiati e il sistema è diventato meno sicuro”.

Foto | Ansa EPA/STEPHANIE LECOCQ – Newsby.it

Questa denuncia è stata fatta da Frances Haugen, ex dipendente di Facebook, laureata ad Harvard e assunta, nel 2019, come ingegnere informatico addetta ai dati dall’azienda. La sua intervista, rilasciata al programma ’60 minutes, ha fatto il giro del mondo, e ha mostrato la presunta negligenza di Facebook (e dopo l’acquisto da parte di Meta di Instagram, anche di quest’ultima piattaforma) nel censurare i messaggi di odio e nel “preferire il profitto alla sicurezza”. Infatti, secondo lei, “Facebook amplifica il peggio degli esseri umani. Avevano pensato che se avessero cambiato gli algoritmi per rendere il sistema più sicuro, la gente avrebbe speso meno tempo sui social, avrebbero cliccato meno le inserzioni pubblicitarie e loro avrebbero fatto meno soldi”.

Al tempo Facebook si difese pubblicando una dichiarazione scritta, nella quale si sosteneva che “la compagnia continua a fare significativi miglioramenti per contrastare la diffusione di disinformazione e contenuti che possano danneggiare le persone. Sostenere che incoraggiamo i cattivi contenuti e non facciamo niente per fermarli non è vero”.

La denuncia della famiglia di Lindsay, però, ha confermato che il problema della mancata censura dei messaggi d’odio sui social è reale e che deve essere fatto assolutamente qualcosa a riguardo.

Nella lettera in cui annunciava il suicidio, infatti, Lindsay ha voluto spiegare i motivi per cui ha compiuto tale gesto, dicendo che non riusciva più a sopportare le minacce e gli insulti che le arrivavano a qualsiasi ora del giorno proprio sui suoi profili social.

L’avvocato della famiglia ha indicato i post su Instagram e Facebook in cui erano presenti i messaggi d’odio, aggiungendo che “il gruppo americano si è reso colpevole di una totale violazione dell’obbligo di moderare e controllare i contenuti pubblicati sulle sue piattaforme”, motivo per cui la famiglia della giovane ha deciso di denunciare, oltre le autorità scolastiche, anche gli investigatori che avevano la responsabilità di intervenire e moderare i messaggi, accusati di non aver svolto nel modo giusto il proprio lavoro.

Federico Liberi

Sono laureato in Psicologia dei processi sociali all’Università di Roma “La Sapienza”. La mia più grande passione insieme alla scrittura è il calcio, ma mi piace rimanere informato sullo sport a 360 gradi oltre che sull’attualità e la politica. Nel 2020 è stato pubblicato su Amazon un mio saggio sulla Programmazione Neuro-Linguistica.

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