Food&Wine

Il vino giusto per le reunion tra congiunti: i migliori rossi leggeri italiani

Primavera inoltrata e voglia di passeggiate in montagna e al mare. Proviamo a conciliare il naturale bisogno di evasione con l’imprevedibile momento storico che stiamo stratificando nei ricordi di questi giorni. Lasciamo entrare nelle nostre case e sulle nostre tavole quotidiane qualcosa di profumato, fresco e saporito: un vino rosso dal corpo leggero e di contenuto grado alcolico da bere con spensieratezza. Magari con qualche congiunto invitato a cena.
L’Italia del vino permette una cospicua varietà di scelte: dal nord al sud della Penisola è facile accedere alle produzioni dei vignaioli locali. Con una visita nell’enoteca preferita, una ricerca sul web o una telefonata al produttore per una consegna direttamente a domicilio.

In Piemonte c’è da bussare alla porta della sempre sorridente vignaiola Silvia Barbaglia a Cavallirio, in provincia di Novara, e chiedere della Vespolina Ledi, un vino Doc Colline Novaresi che mette gioia già solo annusandolo, con una deliziosa apertura floreale ma soprattutto ricco di spezie (il tratto distintivo di questo vitigno autoctono piemontese). Dal corpo leggero e di giusta sapidità, il consiglio è di provarlo in abbinamento sul vitello tonnato.

 

In Liguria ci sono da scoprire i profumi del Rossese, con il Dolceacqua prodotto dalle vigne di San Biagio della Cima, in provincia di Imperia (terre di confine che hanno ospitato la penna dello scrittore Francesco Biamonti), da Giovanna Maccario e Goetz Dringenberg. Un vino dalla beva irresistibile e profumato di pepe, rose e viole, che con la sua energia gustativa potrà ben interagire con preparazioni a base di baccalà, anche fritto se il vino è servito ben fresco.

Il Rosso di Valtellina DOC di ARPEPE

In Lombardia ci sono da risalire virtualmente gli incredibili terrazzamenti dei vigneti di Nebbiolo della Valtellina, una quinta scenografica magnifica a picco sulla città di Sondrio. Il vino da cercare è il Rosso di Valtellina di Emanuele, Isabella e Guido Pelizzatti Perego dell’azienda AR.PE.PE., contraddistinto da deliziosi aromi di erbe di montagna, anche amare, e fiori di campo, dalla beva trascinante e fresca. Un classico vino da tutto pasto, ma anche per formaggi a pasta molle a base di latte vaccino.

In Alto Adige la leggerezza rossista è affidata al vitigno Schiava (localmente, in tedesco, Vernatsch), una cultivar che regala sempre vini dal colore rubino trasparente, dai sentori delicati di piccoli frutti rossi, un corpo leggero e un palato tendenzialmente morbido innervato da rilanci di freschezza che li rendono godibilissimi. Grande imbarazzo nella scelta, cascate bene praticamente ovunque, non solo per vini prodotti dai piccoli vignaioli ma anche quelli delle cantine sociali, storica ossatura qualitativa della viticoltura altoatesina. Servita fredda la Schiava è un jolly per torte rustiche a base di verdure e finger food anche a base di crostacei, preparazioni ideali per un brunch domenicale tra congiunti.

In Romagna ci sono da scomodare le nuove interpretazioni tutte in leggerezza del Romagna Sangiovese Doc ad opera di una nuova generazione di vignaiole e vignaioli che con il loro lavoro stanno consolidando un’immagine genuina e dinamica per l’intero areale.

Il Marta Valpiani Rosso è un Romagna Doc, prodotto da uve Sangiovese.

Tra questi c’è Elisa Mazzavillani con il suo Marta Valpiani Rosso, prodotto nella frazione di Bagnolo nel comune di Forlì; un Sangiovese dai coinvolgenti profumi floreali, fresco e di grande dinamismo al gusto. Godimento assicurato su un bel piatto di tagliatelle al ragù.

La Toscana è terra di denominazioni di vini rossi dalle spalle larghe, come la limitrofa Umbria. Si può cercare però leggerezza tra i vini da vitigni autoctoni un tempo utilizzati solo in blend con il sangiovese, come il Canaiolo, il Colorino o il Ciliegiolo (quest’ultimo al centro di una nuova valorizzazione, soprattutto in Umbria). Tra le certezze, per una beva di soddisfazione a base Sangiovese, c’è il Pian del Ciampolo di Montevertine, prodotto sulle colline di Radda in Chianti, nel cuore del Chianti Classico. Per grigliate miste a go go appena si potrà.

Anche la viticoltura del sud Italia è storicamente legata a vini sostanziosi e strutturati. Tra le eccezioni che fanno al caso nostro c’è da segnalare le denominazioni di origine controllata che mettono al centro il Piedirosso: un vitigno autoctono campano che negli ultimi quindici anni ha trovato il suo posto al sole grazie a una coraggiosa cordata di produttori dei Campi Flegrei e del Vesuvio, in provincia di Napoli, ma anche nelle enclave del casertano e del beneventano. Da quest’ultima arriva il Sannio Sant’Agata dei Goti Piedirosso Artus delle sorelle Anna Chiara e Paola Mustilli, figlie d’arte (Leonardo Mustilli è stato il padre della falanghina che tutti conosciamo). Un vino gioioso, profumatissimo e dalla beva compulsiva, che troverà facilmente il suo posto a tavola su primi a base di verdure, paste al ragù a base di carni bianche, e anche sul versante mare sarà uno splendido abbinamento per calamari e seppie ripiene.

Monica Coluccia

Romana d’adozione, sommelier dal 2004, ha collaborato per circa dieci anni alla realizzazione degli eventi del vino nella Capitale e alla redazione di riviste e guide di settore di diffusione nazionale (Duemilavini, Bibenda, AIS-Vitae, L’Espresso). Dal 2014 presta l’esperienza acquisita alla comunicazione del vino in contesti professionali con seminari di degustazione in tutta Italia, potendo offrire una profonda conoscenza sui territori vitivinicoli italiani e francesi in generale. Lo Champagne ha fatto breccia nel suo percorso professionale lavorando per la guida Le Migliori 99 Maison di Champagne. Scrive per gli appassionati del vino su vinotype.it e intralcio.it

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