Quanto guadagni? E quanto invece dovresti prendere. Le differenze lasciano sbalorditi

La discrepanza salariale tra uomini e donne è purtroppo un dato di fatto: ma perché la parità retributiva sembra essere così difficile?

Gender Pay Gap | @pexels
Newsby Federica Cirone 10 Ottobre 2023

È una notizia molto significativa che l’economista americana Claudia Goldin abbia ricevuto il Premio Nobel 2023 per l’Economia per i suoi contributi alla comprensione del mercato del lavoro femminile. Infatti, un simile riconoscimento riporta l’attenzione sulla necessità di analizzare e affrontare le sfide legate alle disparità di genere nel mondo del lavoro, vale a dire il cosiddetto gender pay gap.

Dal canto suo, Goldin, terza donna a ricevere il Nobel e prima a non condividerlo con un uomo, ha svolto un lavoro eccezionale nell’identificare i fattori chiave che contribuiscono alle differenze di genere nel mercato del lavoro, avviando una ricerca pionieristica che esamina alcuni elementi fondamentali del posizionamento delle donne nel mondo lavorativo, come l’impatto della pillola contraccettiva sull’istruzione femminile, l’influenza della maternità sul divario retributivo tra i generi e la scelta del cognome dopo il matrimonio in quanto indicatore sociale. Questi studi hanno gettato luce su questioni importanti e hanno contribuito a promuovere una maggiore parità di genere sul luogo di lavoro.

In particolare, il lavoro di Goldin ha contribuito in modo significativo alla comprensione delle dinamiche di genere nel mercato del lavoro e offre importanti spunti per affrontare le problematiche sociali legate al gender pay gap, che sembra essere un fattore intrinseco del mercato lavorativo mondiale.

Che cos’è il divario retributivo di genere?

Il gender pay gap, noto anche come divario retributivo di genere, rappresenta una delle sfide più significative nel contesto del mondo del lavoro e della parità di genere. Si tratta della differenza media che intercorre tra i salari orari lordi percepiti dagli uomini e dalle donne, le quali tendono a guadagnare significativamente meno rispetto ai loro colleghi maschi per svolgere lo stesso lavoro o compiere lo stesso tipo di attività. Tale divario risulta spesso frutto di una complessa interazione di fattori, tra cui discriminazione salariale basata sul genere, stereotipi culturali, ruoli di genere tradizionali, interruzioni di carriera dovute alla maternità e mancanza di rappresentanza femminile nei ruoli di leadership.

Dal 2006, il sistema statistico europeo ha adottato specifiche linee guida per misurare il divario retributivo di genere attraverso l’indagine sulla struttura delle retribuzioni. Questa misurazione avviene senza applicare correzioni basate su differenze nazionali per consentire un reale e veritiero confronto tra gli Stati membri. Inoltre, per garantire una comparazione accurata, si utilizzano i pagamenti orari invece degli stipendi mensili, includendo sia i contratti di lavoro full-time che quelli part-time nei calcoli.

Per calcolare il gender pay gap, vengono prese in considerazione le imprese con almeno dieci dipendenti, fatta eccezione per il settore agricolo e forestale, la gestione amministrativa delle pubbliche amministrazioni, la difesa e le posizioni lavorative in enti sovranazionali. Inoltre, non vengono valutati contratti di apprendistato o forme di lavoro informale e irregolare.

Divario retributivo e occupazionale di genere
Divario retributivo e occupazionale di genere | @pexels

L’interpretazione dei dati relativi al divario retributivo di genere non è sempre una questione semplice. Infatti, un divario salariale più ridotto in un determinato paese non sempre è indice di una maggiore parità di genere. Infatti, in alcuni stati membri, un gender pay gap più basso della media può essere correlato semplicemente a una minore partecipazione delle donne al mercato del lavoro. D’altro canto, divari retributivi più ampi possono essere associati a una percentuale più alta di donne che lavorano a tempo parziale o alla loro concentrazione in un numero limitato di professioni specifiche. Tuttavia, per ogni contesto socio-economico preso in esame, bisogna valutare l’esistenza di cause strutturali profonde che contribuiscono al divario salariale di genere.

Le cause del Gender Pay Gap

Generalmente, le donne affrontano sfide significative sul fronte delle retribuzioni, in parte dovute alle differenze nei ruoli di genere nella società. Spesso, le donne dedicano più tempo a forme di lavoro non remunerato, come la cura dei bambini o i lavori domestici, tendenza che limita la loro disponibilità al lavoro retribuito. I dati del 2021 rivelano che circa il 30% delle donne lavora a tempo parziale, contro l’8% degli uomini. Tuttavia, considerando sia il lavoro retribuito sia quello non retribuito, le donne lavorano effettivamente più ore a settimana rispetto agli uomini.

Inoltre, nel loro percorso lavorativo, le donne sono più propense a subire interruzioni di carriera legate alle responsabilità familiari, influenzando le loro scelte professionali e limitando le opportunità di avanzamento. Un altro fattore significativo nella valutazione del gender pay gap è la sovra-rappresentanza delle donne in settori a bassa retribuzione, come l’assistenza, la sanità e l’istruzione. Sebbene ci sia stato un aumento della presenza femminile nei settori STEM (Scienza, Tecnologia, Ingegneria e Matematica) nel 2021, le donne continuano a costituire una minoranza in questi campi.

Non da sottovalutare è anche l’indice della presenza femminile in posizioni dirigenziali. Nel 2020, solo il 34% dei dirigenti dell’Unione Europea erano donne, nonostante quasi la metà dei dipendenti sia sesso femminile. Inoltre, particolarmente critico è il dato secondo cui le donne manager guadagnano notevolmente meno degli uomini manager, con una differenza del 23% nell’orario retribuito.

In generale, il gender pay gap registrato nei Paesi dell’Unione Europea è una complessa combinazione di molteplici fattori, tra cui retribuzioni orarie inferiori, lavoro non retribuito, scelte professionali influenzate dalle responsabilità familiari e una minore presenza in posizioni di leadership. Questi fattori insieme contribuiscono a una differenza di reddito complessiva tra uomini e donne che si attesta nel 2018 intorno al 37% . Per tali ragioni, arginare il gender pay gap richiederà sforzi coordinati a livello sociale, economico e politico per promuovere la parità di genere in tutti gli aspetti della società e del mondo del lavoro.

Infine, un’ultima considerazione. Per ottenere una visione completa delle differenze retributive tra generi, è essenziale considerare il divario retributivo complessivo, che tiene conto di tre fattori chiave combinati: la retribuzione oraria media, la media mensile delle ore retribuite e il tasso di occupazione. In questo contesto, emerge che in Italia il divario salariale tra uomini e donne raggiunge un significativo 43%, superando la media europea che si attesta al 36,2%. Questo dato sottolinea l’importanza di analizzare non solo le differenze retributive orarie, ma anche il numero di ore lavorate e il livello complessivo di occupazione quando si valutano le disparità di genere nei guadagni nel paese.

Gender Pay Gap: la situazione in Italia e in Europa 

Secondo dati aggiornati al 2023 forniti da Eurostat, in Italia una donna guadagna mediamente il 5% in meno rispetto a un uomo. Questo divario retributivo, sebbene meno pronunciato rispetto a molti altri paesi europei, persiste come un problema significativo. L’unica eccezione virtuosa in Europa è rappresentata dal Lussemburgo, dove la differenza è minima, appena dello 0,2%. In tutti gli altri paesi europei, invece, le donne continuano a guadagnare meno degli uomini, con l’Estonia che presenta la differenza più ampia, pari al 20,5%. La media europea del gender pay gap si attesta al 12,7%, sottolineando la necessità di ulteriori sforzi per promuovere la parità di genere nelle retribuzioni e nell’ambito lavorativo in tutta l’Unione Europea.

In Italia, le differenze di genere nelle retribuzioni assumono sfaccettature interessanti a seconda del settore di impiego. Nel settore pubblico, si osserva che tra i dipendenti con età inferiore ai trent’anni, le donne hanno una retribuzione media superiore a quella degli uomini, con uno svantaggio del 11,4% per quest’ultimi. Tuttavia, tale tendenza si inverte con l’avanzare degli anni a vantaggio degli uomini, arrivando oltre i cinquant’anni al 5,3% di divario a favore degli uomini. Nel settore privato, invece, il divario retributivo di genere è evidente fin dall’inizio, con un vantaggio del 8,2% per gli uomini, che cresce costantemente con l’età.

Ma il divario di genere nelle retribuzioni diventa ancora più impressionante quando si considerano i professionisti in Italia. Secondo i dati dell’OCSE, l’Organizzazione per la Cooperazione e lo Sviluppo Economico, il gender pay gap relativo al reddito medio annuo da lavoro autonomo raggiunge addirittura il 45%. Questo significa che le donne professioniste guadagnano molto meno dei loro colleghi maschi, sottolineando una profonda disparità di genere nelle opportunità di guadagno e avanzamento professionale.

Questi dati evidenziano la necessità di affrontare in modo sistematico e con politiche mirate le differenze salariali di genere in Italia, sia nel settore pubblico sia in quello privato, e di promuovere l’uguaglianza di genere in tutti gli ambiti lavorativi.

Occupazione e salario femminile
Occupazione e salario femminile | @pexels

La direttiva europea

L’Unione Europea ha posto una forte enfasi sulla trasparenza delle imprese in merito alle retribuzioni tra uomini e donne. Un passo importante in questa direzione c’è  stata il 17 maggio 2023, con la pubblicazione sulla Gazzetta Ufficiale della Direttiva europea per la parità di retribuzione fra uomini e donne. Si tratta dell’ultimo passo formale per concretizzare un’azione delineata nella Direttiva (UE) 2023/970 del 10 maggio 2023, finalizzata a potenziare l’applicazione del principio della parità retributiva tra uomini e donne per lavori equivalenti o di pari valore attraverso l’adozione di misure di trasparenza retributiva.

La Direttiva Europea sulla Parità di Retribuzione prescrive chiaramente il suo campo di applicazione, rivolgendosi a tutti i datori di lavoro, sia nel settore pubblico si a nel privato, e considerando tutti i lavoratori che hanno un contratto di lavoro o un rapporto di lavoro secondo le leggi, i contratti collettivi e le prassi vigenti nei singoli Stati membri.

Per fare fronte alla problematica del gender pay gap, i datori di lavoro dovranno adempiere a nuovi obblighi, tra cui fornire informazioni sulla retribuzione iniziale o sulla fascia retributiva dei posti vacanti, con il divieto di chiedere ai candidati informazioni sulle retribuzioni precedenti. Una volta assunti, i lavoratori avranno il diritto di richiedere informazioni sulle retribuzioni medie per categorie di lavoratori che svolgono lo stesso lavoro o un lavoro di pari valore, così come sui criteri per la progressione retributiva.

Le imprese con più di 250 dipendenti dovranno rendere annualmente conto del divario retributivo di genere, mentre per le imprese più piccole l’obbligo di comunicazione sarà triennale. Nello specifico, qualora emergesse un divario non giustificabile superiore al 5%, le aziende saranno tenute a una valutazione congiunta delle retribuzioni con i rappresentanti dei lavoratori.

In caso di discriminazione retributiva basata sul genere, i lavoratori possono ottenere un risarcimento, con possibilità di recupero delle retribuzioni arretrate e sanzioni significative contro i datori di lavoro che violano le norme. La Direttiva sposta l’onere della prova sui datori di lavoro per dimostrare la conformità alle norme UE sulla parità di retribuzione e trasparenza. Inoltre, la Direttiva introduce il concetto di discriminazione intersezionale e considera le esigenze delle persone con disabilità, rappresentando un passo avanti significativo nella lotta per la parità di genere e l’eliminazione delle discriminazioni nel contesto retributivo.

In Italia, l’obbligo di redigere rapporti periodici sulla situazione del personale maschile e femminile in aziende con oltre 50 dipendenti è già in vigore, istituito dalla legge n. 275, entrata in vigore il 3 dicembre 2021, che ha apportato modifiche all’articolo 46 del Codice delle pari opportunità tra uomo e donna. Secondo queste disposizioni, sia le aziende del settore privato sia quelle del settore pubblico con un organico di oltre 50 dipendenti, sono tenute a redigere un rapporto sul gender pay gap ogni due anni. Nello specifico, si tratta di analizzare la situazione del personale maschile e femminile all’interno dell’azienda, esaminando aspetti come l’assunzione, la formazione, la promozione professionale, la retribuzione, e altri fenomeni legati alla gestione del personale, come la Cassa integrazione guadagni, i licenziamenti, i prepensionamenti e pensionamenti. L’obiettivo di questa normativa è promuovere la trasparenza e la parità di genere nelle aziende italiane, monitorando e affrontando le disparità di genere sul luogo di lavoro.

Impostazioni privacy