Il crescente carovita sta facendo perdere potere d’acquisto ai correntisti italiani che spesso vedono prosciugare i propri risparmi
Cresce l’inflazione e con essa gli Italiani sono sempre più in difficoltà. Se guadagnare è difficile e faticoso, risparmiare è quasi impossibile per molte famiglie. In più sono in molti a porsi domande sulla convenienza dei conti correnti bancari, le cui voci di spesa sono diverse. Una di queste è certamente l’imposta di bollo sul conto corrente che è una tassa indiretta, ovvero un tipo di imposta richiesta all’intestatario del conto e prelevata come trattenuta sul conto.
Nel settore dei prodotti finanziari, nello specifico dei conti correnti, infatti, sia che si tratti di persone fisiche sia di persone giuridiche ci sono due tipi di tasse che vengono applicate: l’imposta di bollo e la ritenuta fiscale sugli interessi creditori maturati, oltre all’eventuale imposta di bollo al deposito titoli.
L’imposta viene applicata al momento dell’emissione dell’estratto conto o rendiconto e riguarda ovviamente il periodo rendicontato. Tuttavia chi ha un saldo medio annuale sul proprio conto corrente inferiore ai cinquemila euro è esentato dal pagamento dell’imposta di bollo.
L’ammontare dell’imposta di bollo è di 34,20 euro all’anno per le persone fisiche, somma che costituisce l’intero ammontare delle tasse sui conti correnti che superano i cinquemila euro. Nel contempo, per le persone giuridiche l’imposta di bollo è più alta e ammonta a cento euro l’anno.
Per il calcolo del valore medio vengono sommati i saldi giornalieri del conto corrente e si divide la somma risultante per il numero dei giorni di rendicontazione o di detenzione del rapporto e si pondera la giacenza media di ciascun rapporto per la quota di detenzione, ad esempio in caso di conto cointestato.
Quando sono in essere più rapporti di conto corrente o libretti di risparmio in possesso di uno stesso correntista, l’imposta va applicata con riferimento a ciascun rapporto. Per il pagamento provvede direttamente la banca addebitando la somma dovuta sul conto corrente con un addebito solitamente trimestrale (8,55 euro a trimestre).
Tuttavia è possibile, per i correntisti, scegliere istituti di credito che offrono la copertura della spesa, in quel caso è la banca stessa che si fa carico dell’imposta di bollo, senza che venga intaccato il conto corrente del cliente, già fortemente penalizzato dal carovita.
Per ovviare al pagamento dell’imposta è possibile considerare la possibilità di apertura di un ulteriore conto corrente a zero spese trasferendovi una parte del patrimonio o investire una fetta del patrimonio che eccede i cinquemila euro.
Chi è esente dall’imposta di bollo?
Alcuni soggetti sono esenti dall’imposta di bollo: si tratta di quei correntisti che, sebbene abbiano una giacenza media sul conto corrente superiore ai cinquemila euro, presentano un ISEE inferiore ai 7.500 euro. Stesso discorso vale per i titolari del Conto Base, ovvero il conto corrente gratuito riservato a coloro che hanno un ISEE annuo in corso di validità inferiore agli 11.600 euro (18.000 euro per i pensionati).

Un ulteriore esenzione è prevista per i soggetti giuridici con conti aperti, ad esempio, attraverso la mediazione dei Confidi, quelle realtà no-profit formate da piccole e medie imprese che si uniscono per agevolare l’accesso al credito finanziario per soggetti con determinati requisiti.
L’inflazione in Italia è ancora piuttosto elevata, secondo l’ISTAT si è attestata a un tasso del 5,3% a settembre di quest’anno e fa perdere potere d’acquisto alla liquidità giacente sul conto corrente. Secondo SOStariffe “è consigliabile ai risparmiatori puntare su un conto deposito anche per investimenti sicuri di breve durata (12 mesi) e che offrono rendimenti del 5% lordo annuo. Se invece non si ha subito bisogno della liquidità sul conto corrente, ci sono banche che pagano un tasso di interesse superiore all’inflazione (5,7% lordo annuo) per vincoli di 36 mesi e oltre”.