ECONOMIA

Beneficenza, le regole per la trasparenza aziendale

Assicurarsi di mantenere una condotta trasparente è la chiave per evitare controversie e costruire relazioni di fiducia nel mercato, soprattutto per quanto riguarda la beneficenza

Il concetto di Corporate Social Responsability (CSR) ha guadagnato sempre di più, negli ultimi anni, un ruolo centrale nel panorama economico mondiale: le imprese, infatti, hanno compreso l’importanza di adottare pratiche responsabili e sostenibili non solo per migliorare il proprio successo finanziario, ma anche il loro impatto sociale.

Ecco che, tra le attività predilette dalle aziende, rientra quella del Cause Related Marketing (CRM), un potente strumento di comunicazione che consente alle aziende di divulgare il proprio interesse sociale collaborando con organizzazioni no profit.

I benefici di questa attività sono reciproci: le aziende si guadagnano la simpatia del pubblico, generando un aumento delle vendite e la fedeltà dei clienti, mentre i promotori delle iniziative benefiche ricevono finanziamenti e una maggiore visibilità mediatica.

La forma più comune di CRM è il collegamento esplicito tra l’acquisto di beni o servizi e la devoluzione dei ricavi verso una causa o una specifica organizzazione non profit.

Le regole aziendali da rispettare per la beneficenza, il caso Balocco – Ferragni

Si pensi alle collaborazioni tra l’azienda dolciaria italiana Balocco e l’imprenditrice digitale Chiara Ferragni, l’azienda di cioccolato Walcor e il cantante Fedez, o, ancora, il brand di prodotti dolciari Dolci Preziosi e la make-up artist Clio.

Ma non è sempre così facile perché, anche se nobili, in tutti questi casi la mancanza di indicazioni chiare sull’entità dei contributi devoluti in beneficenza ha messo in discussione la credibilità delle aziende coinvolte.

Foto | Instagram https://www.instagram.com/chiaraferragni/ – Newsby.it

Notizia di pochi giorni fa è stata l’avvio dell’istruttoria AGCM nei confronti di Balocco per pratica commerciale scorretta: secondo l’Autorità, infatti, i consumatori potevano essere indotti a credere che acquistando il pandoro Balocco con il marchio di Chiara Ferragni contribuissero alla donazione per l’acquisto di un nuovo macchinario all’Ospedale Regina Margherita di Torino, mentre Balocco avrebbe disposto una donazione in cifra fissa e dunque indipendentemente dall’andamento delle vendite del pandoro.

L’avvio dell’indagine ha messo in luce non solo come le aziende responsabili dell’iniziativa debbano rispettare la normativa in tema di pubblicità, ma anche su come vi siano ripercussioni reputazionali sul soggetto che co-promuove l’iniziativa nel caso in cui non abbia correttamente vigilato sulla corretta comunicazione della stessa.

Anzitutto, ogni azienda che si affaccia al CRM deve rendere evidente la natura pubblicitaria del messaggio evitando confusioni o ambiguità che potrebbero trarre in inganno i consumatori.

La pubblicità deve essere palese, veritiera e corretta. Ciò significa che le informazioni trasmesse devono essere attendibili e tali da non indurre in errore i consumatori e da consentire agli stessi di prendere decisioni consapevoli nella scelta di acquisto di un prodotto o di un servizio.

È vietata anche l’omissione di dati rilevanti che potrebbero influenzare tale scelta, come il fatto ad esempio che le donazioni siano a quota fissa e indipendenti dal numero di prodotti venduti. Il consumatore deve essere messo nella posizione di capire esattamente a cosa sta contribuendo.

Inoltre è essenziale fornire informazioni dettagliate sul costo del prodotto o del servizio e sulla specifica percentuale devoluta in beneficenza. 

Questi elementi dovrebbero essere parte integrante delle informazioni fornite agli acquirenti, come previsto dalla legge che richiede la divulgazione delle caratteristiche principali del prodotto e degli impegni del professionista, nonché una chiara spiegazione del processo di vendita (art. 21, co. 1, lettere b) e c), d.lgs. n. 206/2005).

Solo queste informazioni, infatti, possono giustificare il prezzo aggiuntivo che i consumatori sono disposti a pagare per sostenere una causa sociale tramite l’acquisto di prodotti o servizi promossi da una o più aziende.

Si aggiunga anche che i messaggi di comunicazione sociale dovrebbero sempre riportare l’identità dell’autore e del beneficiario della richiesta, nonché l’obiettivo sociale che si intende raggiungere, senza sovrastimare lo specifico o potenziale valore del contributo all’iniziativa.

Infine, i messaggi sociali che l’azienda diffonde devono essere concretamente in linea con la propria condotta e attività. In caso contrario, anche i diretti concorrenti potrebbero subire indirettamente dei danni a causa del vantaggio competitivo ottenuto dall’azienda che, proclamandosi responsabile socialmente, attira una parte di consumatori sensibili a tematiche etiche.

Come noto, infatti, è considerato sleale ogni comportamento che va contro i principi di correttezza professionale e che potrebbe danneggiare l’azienda altrui e come tale costituire un atto di concorrenza sleale.

Dunque, in conclusione, assicurarsi di mantenere una condotta trasparente è la chiave per evitare controversie e costruire relazioni di fiducia nel mercato.

Il rispetto della normativa illustrata deve essere visto come un impegno imprescindibile per le aziende che intendono evitare ripercussioni negative sulla propria reputazione e attività.

Le pratiche commerciali scorrette, la pubblicità ingannevole e la concorrenza sleale sono attività rischiose che possono portare le aziende a incorrere in sanzioni amministrative e azioni giudiziarie, oltre che rischi reputazionali.

Giulia De Sanctis

Laureata in Comunicazione e Valorizzazione del Patrimonio Artistico Contemporaneo, collaboro attivamente con riviste e testate web del settore culturale, enogastronomico, tempo libero e attualità.

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