L’Amarone ha completato la procedura per richiedere il riconoscimento di patrimonio immateriale Unesco. Con l’annuncio dato tra il 4 e il 5 febbraio scorsi all’Amarone Opera Prima 2023, l’intento è quello di entrare nel novero delle eccellenze mondiali. La Commissione nazionale per l’Unesco dovrà scegliere entro il 30 marzo tra le quaranta candidature del nostro Paese. L’Amarone potrebbe così aggiungersi a quelle italiane attualmente riconosciute nella sezione Cultura: sono finora ben sedici e diverse tra loro.
Per essere iscritto nella lista del patrimonio immaterialeUnesco, un elemento deve rispondere a cinque requisiti. Innanzitutto, candidarsi come indicato all’articolo 2 della Convenzione Unesco, rispettando cioè tutti i parametri della tradizione di un paese. Poi, il patrimonio selezionato dovrà riflettere il significato globale di quello culturale immateriale e favorire quindi confronto, diversità e creatività umana.
Le misure di salvaguardia devono essere elaborate per poter tutelare e promuovere l’elemento. Inoltre, l’elemento viene candidato sulla base di più ampio riscontro di partecipazione da parte di comunità, gruppi o singole persone coinvolte con libero e preventivo consenso. Infine, l’elemento scelto dev’essere inserito in un inventario del patrimonio culturale immateriale Unesco presente nel territorio dello Stato proponente.
Sono sedici gli elementi iscritti nella lista di rappresentanza italiana del patrimonio culturale immateriale Unesco. Nel 2008 sono state selezionate le tradizioni dei Pupi siciliani e del canto a tenore sardo. Quattro anni dopo, l’arte liutaria di Cremona. Nel 2013 è toccato alla Dieta mediterranea, inteso però come elemento transnazionale: riguarda infatti anche Cipro, Croazia, Grecia, Marocco, Spagna e Portogallo), e alle Feste delle Grandi Macchine a Spalla (quelle di Nola, di Palmi, di Sassari e di Santa Rosa a Viterbo). L’anno dopo tocca alla vite ad alberello di Pantelleria.
Nel 2016 un altro elemento in comune con varie nazioni: la falconeria. Poi nel 2017 l’arte del “pizzaiuolo” napoletano. L’arte dei muretti a secco, anche questo in comune con altre nazioni, entra nella lista nel 2018. Nel 2019 la Perdonanza Celestiniana (riti e celebrazioni ininterrotte dal 1294), l’alpinismo e la transumanza (anche questi transnazionali). Nell’anno della pandemia altri due elementi in comune con altre nazioni: l’arte delle perle di vetro e dei suonatori di corno da caccia. Il 2021 tocca alla cerca e cavatura del tartufo. Lo scorso anno l’ultimo elemento transnazionale: l’allevamento dei cavalli lipizzani. C’è infine un solo elemento iscritto nel registro delle buone pratiche di Salvaguardia, sempre nella sezione del patrimonio immateriale Unesco: il Tocatì, un programma condiviso per la tutela di giochi e sport tradizionali. Anche questo è in comune con altre nazioni.
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