CRONACA

Squid Game, una petizione per fermare la serie Netflix

Squid Game è la serie Netflix da record di cui tutti parlano. Con oltre 132 milioni di spettatori, infatti, è diventata la serie tv più vista dal debutto sulla piattaforma di streaming, superando Bridgerton e Lupin. Non tutti, però, stanno apprezzando la serie sudcoreana.

Su Change.org è stata lanciata una petizione, “Fermiamo lo Squid Game“, diretta alla Commissione parlamentare per l’infanzia e l’adolescenza dalla Fondazione Carolina. Questa è una onlus dedicata a Carolina Picchio, la prima vittima acclarata di cyberbullismo in Italia. La ragazza si è tolta la vita nel 2013 a seguito della pubblicazione di un video dove lei, priva di coscienza, è vittima dei coetanei che giocano con il suo corpo mimando atti sessuali.

Squid Game, le testimonianze arrivate alla Fondazione Carolina

Di fronte allo sgomento di mamme e maestre delle scuole materne non bastano i buoni propositi. Serve un’azione concreta” dicono dalla Fondazione Carolina. La Onlus ha spiegato che il loro non è un “atto censorio“, ma risponde “alla necessità di far fronte alla sconfitta dei parental control e alla crisi della genitorialità“.

I casi di emulazione della serie, soprattutto da parte dei giovani, sono diversi. In Belgio e in Inghilterra, ad esempio, sono i più piccoli ad imitare i giochi presenti nella produzione coreana. Le segnalazioni di casi di bambini che hanno imitato Squid Game sono arrivate anche in Italia. “Mio figlio ha picchiato la sua amichetta mentre giocava a Squid Game“. E ancora: “A mia figlia hanno rovesciato lo zaino fuori dalla finestra dell’aula perché ha perso a Squid Game, non vuole uscire di casa“. Queste sono solo alcune delle testimonianze arrivate alla Fondazione Carolina.

Netflix suggerisce la visione della serie sudcoreana agli utenti sopra i 14 anni. Nonostante questo, la produzione è diventata virale, anche tra i bambini. “Da oggi è possibile firmare la petizione per bloccare questo contenuto, micidiale per gli utenti più piccoli e i giovani più fragili“. Così Ivano Zoppi, segretario generale della Fondazione Carolina. “A questo punto l’unica soluzione possibile sembra la censura vecchio stampo. Qualcuno storcerà il naso, ma ormai sembra l’unico strumento a difesa del principio di incolumità dei minori“.

Redazione

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