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CRONACA

Problemi al lavoro? Nel 30% dei casi è colpa dei nostri post sui social

Siete alle prese con dei problemi sul posto di lavoro e non capite quale sia la causa? Più che consultare l’oroscopo, forse è meglio dare un’occhiata alla cronologia delle vostre pubblicazioni sui social network. Secondo uno studio, infatti, in Europa un lavoratore su tre ha dovuto affrontare dei problemi sul piano professionale a causa di quanto condiviso sul web.

Lo rivela una ricerca di Kaspersky (clicca qui), azienda russa specializzata nella produzione di software di cybersecurity. Il sondaggio ha riguardato 8.500 persone residenti in 11 Paesi europei diversi. Dai risultati emerge che l’82% degli intervistati si pente di qualcosa che ha pubblicato su Internet nel 2021 e vorrebbe pertanto cancellarlo. Il dato sale addirittura all’86% per la fascia d’età che rientra nella cosiddetta Generazione Z, contro il 70% degli over 35.

Il 30% degli europei ha avuto problemi al lavoro per i post pubblicati sui social

Inoltre, il 24% degli utenti – rileva Kaspersky – non è nemmeno a conoscenza della possibilità di eliminare le sue tracce sul web. Per quanto riguarda i singoli social, il 28% degli europei è imbarazzato dalla sua attività su Facebook, il 22% da Instagram e l’8% da TikTok. Al di là di qualche pentimento postumo, comunque, a preoccupare maggiormente è l’immagine di sé che si offre al mondo virtuale, la quale rischia di avere conseguenze anche nella vita reale, sia sul piano privato sia a livello professionale.

Basti pensare che il 30% degli intervistati ha riferito di aver avuto dei problemi sul luogo di lavoro a causa dei contenuti condivisi sui social. Il 42% ha invece affermato di conoscere qualcuno che ha visto delle conseguenze per la propria carriera; mentre il 40% ha detto di aver giudicato un suo collega in base a quanto condiviso sul web. Lo studio identifica poi quali contenuti sono ritenuti maggiormente problematici.

Quali contenuti influenzano maggiormente l’opinione di amici e colleghi

Nel 38% dei casi si tratta ad esempio di post che si prendono gioco delle persone con disabilità, seguiti da quelli contro i vaccini anti Covid-19 al 34%. Ci sono poi, al 32%, contenuti con un linguaggio offensivo nei confronti dei transessuali. In ogni caso, comunque, è sufficiente anche un semplice “mi piace” a un contenuto di questo tipo per subire delle conseguenze, in quanto visto come un segno di endorsement.

Stando all’analisi di Kaspersky, per il 60% degli intervistati possono incrinarsi i rapporti personali con persone che mettono like a post che mostrano crudeltà contro gli animali. In Europa, i più sensibili a questo tema sono gli italiani con il 66%. Seguono poi contenuti con toni razzisti (59%) o sprezzanti nei confronti dell’aspetto fisico di qualcuno (56%).

Alessandro Boldrini

Classe 1998, laureato in Scienze Umanistiche per la Comunicazione alla Statale di Milano, sono giornalista pubblicista dal 2019. Mi occupo di cronaca nera, giudiziaria e inchieste sulla criminalità organizzata. Ho mosso i primi passi nella cronaca locale, fino a collaborare con il quotidiano statunitense The Wall Street Journal. Sono un attivista antimafia e partecipo come relatore ad assemblee pubbliche sul tema al fianco di magistrati ed esperti del settore. Amo il calcio, la musica, il cinema e la fotografia.

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