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“L’operazione ‘Data Room’, chiamata non a caso così perché riguarda un trafugamento importante di dati, è la prima nel suo genere”. Così Nunzia Ciardi, direttrice della Polizia Postale e delle Comunicazioni, commenta l’operazione svolta in coordinamento con la Procura di Roma. Venti i provvedimenti cautelari, tra i quali tredici arresti domiciliari. “La Procura di Roma ha coordinato le indagini in maniera eccellente – sostiene Ciardi –, perché non è stato semplice. Abbiamo lavorato in tempi molto contratti rispetto alla complessità tecnica che questo genere di indagini richiede”.
La direttrice della Polizia Postale spiega l’origine delle indagini: “L’operazione nasce da una denuncia di Tim, che ha visto un numero di accessi anomalo ai propri database, soprattutto in quelli che segnalavano guasti e disservizi. Tim ha fatto degli accertamenti tecnici e ha denunciato a noi la situazione. Grazie alla loro collaborazione abbiamo ricostruito un quadro inquietante di compravendita dei dati dei clienti”.
“C’erano dei dipendenti infedeli che accedevano illecitamente a questi dati al di fuori degli orari di ufficio anche attraverso software dedicati – spiega ancora Ciardi -. In seguito, li rivendevano a call center che sfruttavano i dati per proporre cambi di operatore ai clienti più ‘malleabili’ proprio perché in quel periodo avevano segnalato dei disservizi”.
La direttrice si addentra poi nella questione legata alle cifre: “Le società vendevano i dati di ogni singolo cliente per 3 centesimi in pacchetti da 60-70mila. Per ogni cambio i call center incassavano fino a 400 euro, un volume di affari imponente. Poi abbiamo avuto un’evidenza plateale di ciò che succede oggi nelle società digitalizzate: i dati personali, su cui si fondano le pratiche commerciali, i dati sanitari e quelli economici, sono una vera e propria miniera d’oro”.
Questi dati, secondo Ciardi, “sono l’oggetto di ogni appetito criminale e in questo caso abbiamo visto come venissero venduti e rivenduti più volte. Durante l’indagine abbiamo scoperto che questi dati venivano utilizzati anche da società non solo telefoniche, ma anche di altri servizi: il cliente veniva sfruttato a tutto tondo“.
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