CRONACA

Omicidio Vannini, condannato a 14 anni Antonio Ciontoli: 9 ai familiari

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Nel processo bis sull’omicidio di Marco Vannini la Corte d’Assise d’Appello ha condannato a 14 anni Antonio Ciontoli e a nove anni e quattro mesi i figli Martina e Federico Ciontoli e la moglie Maria Pezzillo. Per il capofamiglia i giudici hanno riconosciuto il reato di omicidio volontario con dolo eventuale. Alla lettura della sentenza la mamma di Marco, Marina Vannini, è scoppiata in lacrime. “Se Marco fosse stato soccorso subito si sarebbe salvato. Quello che mi interessa è che sia stato riconosciuto l’omicidio volontario a tutti. La giustizia esiste, dovete lottare sempre”. “Da domani? Inizierò a vivere il mio lutto più serena“.

La dinamica dei fatti che portarono all’omicidio Vannini

Marco Vannini, bagnino di 21 anni di Cerveteri, era stato ucciso il 18 maggio 2015 a Ladispoli. Venne infatti raggiunto da un colpo di arma da fuoco sparatogli da Antonio Ciontoli, padre della fidanzata Martina, all’interno della villetta di famiglia in via De Gasperi. Il ragazzo era nella vasca da bagno quando fu raggiunto dallo sparo esploso dal padre della fidanzata: un solo colpo, ma che risultò fatale. Visto che nessuno dei presenti in casa, cioè Martina, l’altro figlio della coppia Federico Ciontoli e la loro madre Maria Pezzillo, chiamò tempestivamente i soccorsi. Soccorsi che avrebbero permesso di salvare la vita a Marco. Dal momento del colpo esploso dal sottufficiale di Marina distaccato ai Servizi all’arrivo dei soccorsi, passarono 110 minuti. Quasi due ore in cui, secondo la ricostruzione dei processi, i Ciontoli si preoccuparono più delle conseguenze lavorative del padre che della vita di Marco.

Questo era il quarto processo

Si tratta del quarto processo sull’omicidio Vannini. La Cassazione il 7 febbraio scorso aveva annullato la sentenza di secondo grado che aveva ridotto la pena da 14 a 5 anni per Antonio Ciontoli. I giudici d’appello, a differenza dei colleghi di primo grado, lo avevano ritenuto colpevole di omicidio colposo. Ma per la Cassazione quella sentenza andava riformata: per i Supremi giudici c’era il dolo. E non solo per Ciontoli, ma anche per i suoi familiari perché, se Marco “fosse stato soccorso per tempo”, si leggeva nelle motivazioni, “si sarebbe salvato”.

Fiori e abbracci per i genitori. Il padre: “Giustizia che è costata fatica”

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“Alla fine ci è costata tanta fatica, tante lotte la ma è emersa, è uscita (la giustizia, ndr)”. Così Valerio Vannini il padre di Marco, il 20 enne morto nel maggio 2015 mentre si trovava nella villetta della sua fidanzata Martina Ciontoli a Ladispoli. “La condanna, gli anni erano relativi. Per noi l’importante era che prendessero il volontario. Ho sempre sostenuto che il colpo di pistola ha ferito Marco, la morte l’hanno causata loro non soccorrendolo“.

Legale famiglia: “Sentenza che ha soddisfatto le nostre aspettative”

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“Abbiamo sempre sostenuto la volontarietà e abbiamo sempre escluso fosse mera negligenza. Oggi la corte ha detto questo. È una sentenza che ha soddisfatto le nostre aspettative, così Celestino Gnazi, l’avvocato della famiglia Vannini commentando la sentenza d’appello bis.

Lorenzo Grossi

Classe '89, appassionato sin da piccolo di sport e scrittura. Già da "pischello" scrivevo come collaboratore per alcune testate giornalistiche a cui ho man mano affiancato radio, agenzie di stampa, tv e quotidiani cartacei. Ora è il momento di newsby! Nel carnet anche una breve ma intensa carriera di direttore di gara di calcio a 11.

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