Un lockdown selettivo, ma effettivo, e che riguarda la popolazione che supera gli 80 anni d’età. Lo suggerisce in un suo specifico studio l’Ispi, Istituto per gli studi di politica internazionale, e ‘Repubblica’ ne anticipa in queste ore i dettagli.
L’Ispi ha infatti rilevato che un isolamento protettivo esteso agli anziani (ma che riguarda solo ed esclusivamente loro) potrebbe addirittura arrivare a salvare dal 50 al 98% delle persone che andrebbero incontro alla morte se non si intervenisse sulla pandemia. Questa fascia incredibilmente alta della popolazione sarebbe invece preservata applicando questa soluzione. Che di fatto si collocherebbe a metà tra le ultime misure soft per limitare il Coronavirus e un lockdown totale, come quello varato a marzo.
“Sarebbe sbagliato ritenerla un’opzione da scartare a priori“, spiega L’Ispi. Che aggiunge anche che a tal proposito si dovrebbe aprire “una serena ma urgente discussione“. Ma applicare un eventuale lockdown selettivo per classi d’età potrebbe rivelarsi complesso dal punto di vista prettamente operativo. E non solo.
Il principale problema è rappresentato dalle modalità. Difficile stabilire dove possano essere isolati efficacemente gli ultraottantenni (che da soli rappresentano il 7,2% della popolazione). Cifre che salgono ulteriormente se si parla degli ultrasettantenni, che sono il 17,1% degli italiani. Ma un lockdown di questa natura solleverebbe un’ulteriore questione: come si collocherebbero i parenti con cui vivono o le persone che li assistono?
C’è poi un non irrilevante aspetto etico. Di fatto il lockdown per fasce d’età rappresenterebbe una sorta di discriminazione. Soprattutto di fronte a limitazioni che riguardano le sole persone anziane e che possano tramutarsi in un vero obbligo per legge, con tanto di sanzioni per i trasgressori. Ma l’Ispi insiste. “Pur con tutti i dubbi etici e le questioni politiche, è una soluzione che crediamo debba essere presa in considerazione da subito, vista la fase grave in cui si trova oggi la pandemia – sostiene l’autore dello studio, il ricercatore Matteo Villa –. In una pandemia tutte le azioni che decidiamo di compiere sono il frutto di un compromesso che soppesa rischi e benefici“.
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