Il 3 luglio di un anno fa undici alpinisti persero la vita in un drammatico incidente sulla Marmolada, la “Regina delle Dolomiti”. Alle ore 13:43 di quel giorno drammatico una valanga, provocata dal distaccamento della calotta sommitale del ghiacciaio di Punta Rocca, travolse diciannove persone, uccidendone, come detto, undici. Oggi è il giorno del ricordo, e nonostante le inchieste abbiano stabilito che non sia stata colpa dell’uomo, le famiglie delle vittime si dividono tra rabbia e rassegnazione.
Tragedia della Marmolada, un anno dopo la rassegnazione e la rabbia delle famiglie delle vittime
Questa mattina alle ore 11 a Passo Fedaia c’è stata una celebrazione religiosa ed è stata affissa una targa commemorativa in onore delle vittime di un anno fa. Già ieri molti parenti e amici delle vittime e alcuni sopravvissuti hanno raggiunto questa località per partecipare ad alcune cerimonie, tra cui una messa a 3343 metri di altezza e a un dibattito in cui era presente la leggenda italiana dell’alpinismo Reinhold Messner.

Le famiglie si dividono tra rabbia e rassegnazione: Luca Miotti, fratello di Davide, l’uomo di 51 anni di Cittadella morto il 3 luglio 2022 sulla Marmolada, ai vari giornalisti presenti ha dichiarato: “Non accetto la logica dell’imprevedibilità. Ci sono stati dei segnali che avrebbero dovuto far prendere delle decisioni da parte delle istituzioni e degli organi, per evitare che turisti e cittadini entrassero liberamente in questo percorso. Molti glaciologi parlano della Marmolada come di un grande malato che da anni si assottiglia. Se la politica avesse anche solamente limitato l’accesso nelle fasce orarie più calde, mio fratello e altre dieci persone probabilmente a quest’ora sarebbero vive. Gli altri familiari hanno accettato la tragedia? Per molte famiglie il dolore è tutto, è totalizzante. A me rimangono dei sentimenti contrastanti sull’accettazione istituzionale che la cosa era non prevedibile, per cui si salvano tutti”.
Andrea Bari, fratello del 27enne di Malo, Luca Bari, deceduto sempre il 3 luglio scorso, ha dato invece la colpa al fato e ha dichiarato: “Luca è stato solo molto sfortunato”.
Insomma, come detto i pensieri degli amici e dei familiari sono molto contrastanti. Giuseppe Bari, padre di una delle vittime, si commuove al pensiero del bimbo lasciato da suo figlio Filippo, ma senza rancore nelle sue parole: “Mio nipote ha appena compiuto 5 anni e ogni tanto dice: non mi ricordo più la voce di mio papà. È una cosa tremenda, ma è anche il segno che la vita continua”.
Leonardo Marodin è un amico di Nicolò Zavatta, il 22enne di Barbarano Mossano che è la vittima più giovane del disastro dell’anno scorso. In sua memoria è stata costituita l’associazione “Un posto in cui tornare”, con l’obiettivo di promuovere la sostenibilità montana: “Nessuno di noi vuole dare colpe alla montagna. Crediamo che la montagna invece vada tutelata e valorizzata, anche perché poi questo è forse il vero senso dell’alpinismo che Nicolò aveva scelto di praticare”.
Sui social Sara Mattiolo dedica alla mamma Liliana Bertoldi, 58enne di Levico, un pensiero carico di fatalismo: “Tu mi hai passato la passione per la montagna e mi hai insegnato ad apprezzarla. Mi hai fatto capire che la vita me la scelgo io, e che è troppo imprevedibile per fare le cose che non mi piacciono”.