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Il Teatro Regio di Torino è diventato il primo in Italia a decidere di sospendere, da lunedì prossimo, i lavoratori senza Green Pass. “È in continuità con quello che facciamo da un anno. Abbiamo sempre avuto protocolli Covid molto rigidi, quindi da lunedì sospenderemo chi è sprovvisto di Green Pass“, spiega Rosanna Purchia, Commissario straordinario del Teatro Regio.
“Nella sostanza nulla è cambiato perché da un anno c’è l’obbligo di fare il tampone per venire a lavorare. Fino a ieri si chiamava tampone, oggi Green Pass, ma la sostanza non cambia. Su 260 lavoratori abbiamo già raccolto più di 150 Green Pass, quindi se devo fare un’ipotesi il numero è veramente esiguo. Shakespeare avrebbe detto Tanto rumore per nulla. Siamo solo in continuità con una metodologia che applichiamo da un anno. È un segnale per il pubblico, che è obbligato a presentare il Green Pass: è un atto di equità dire che anche noi non entriamo a lavorare se non abbiamo il Green Pass. Qualcuno doveva iniziare“, aggiunge Purchia.
Negli scorsi giorni, la Cgil ha proposto di rendere il Green Pass obbligatorio per tutti i dipendenti dei cinema e dei teatri (Scala inclusa). Il governo, a causa delle divisioni interne alla maggioranza, sembrerebbe orientato a rinviare la decisione sul tema alla prossima settimana. Secondo Paolo Puglisi, segretario generale di Slc Cgil Milano, “l’obbligo deve valere per i dipendenti di tutti i luoghi dello spettacolo dal vivo, compreso il Piermarini“. Solo così ci saranno più “garanzie per il pubblico” e si potrà “tornare al 100% della capienza“. Al momento, infatti, nei teatri è ancora presente il limite del 50% dei posti disponibili in sala. Si tratta di un paletto che sta mettendo in difficoltà il settore, soprattutto a livello economico. “Il teatro dovrebbe fornire agli spettatori le mascherine Ffp2, magari brandizzate e col coinvolgimento degli sponsor, così da incrementare al massimo il livello di sicurezza“, aggiunge Puglisi.
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Curiosamente, Alessandro Pagliero, segretario referente Slc Cgil Spettacolo di Torino, ha una posizione diversa da quella di Puglisi. “È stata una decisione che giudichiamo affrettata, la Cgil e i sindacati promuovono la vaccinazione ma serve una regolamentazione nel mondo del lavoro a livello nazionale, quindi ci opponiamo ad applicazioni di sanzioni discriminatorie. Sono dei precedenti che possono prendere delle derive pericolose. Devono esserci delle regole, che possono essere discusse e discutibili ma che ci sono, senza è un Far West nel mondo del lavoro. Ci vuole una norma di fondo che dia gambe a qualsiasi iniziativa, così è solo una fuga in avanti“.
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