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“Gilet arancioni? Mi vergogno per loro: non hanno rispetto di tutte quelle vittime, di chi ha perso i propri cari”. Non usa mezzi termini Cristina Longhini, farmacista che ha perso il papà a Bergamo per il coronavirus, per giudicare la manifestazione dei giorni scorsi in Piazza Duomo a Milano dei cosiddetti Gilet arancioni, movimento di protesta contro le restrizioni prese dal governo in materia di gestione della pandemia di coronavirus. Una manifestazione che, oltre che per le sue motivazioni, ha scatenato polemiche per aver creato assembramenti e per il mancato utilizzo delle mascherine da parte di molti partecipanti.
“Il dolore che provo ancora oggi è indescrivibile – racconta la donna –, sono ancora sconvolta quando ripenso a quel sacco in cui ho trovato i vestiti insanguinati di mio padre. Questa gente non sa nemmeno cosa sta dicendo, non ha rispetto di tutte quelle 33mila vittime e di tutti i loro parenti”.
“Dicono che il virus non esista o che si possa curare con lo yoga? Cosa pensano, che stiamo piangendo per qualcosa che non è stato? A noi la vita è stata distrutta – aggiunge Cristina Longhini –, di mio padre resta solo un sacco dell’immondizia, non c’è più, era sano e se n’è andato in quindici giorni. Ora io devo spiegare a mio figlio che il nonno non c’è più per il coronavirus“.
“Ci sono due mondi – spiega Longhini –, quello di chi come noi è bloccato in un lungo inverno per aver vissuto questo dramma e non si è neanche reso conto di essere arrivato all’estate. C’è poi il mondo di chi ha pensato solo ‘siamo obbligati a stare a casa’, ‘siamo obbligati ad occuparci della famiglia a tempo pieno’: il loro problema era solo quello di tornare al lavoro e poi in vacanza il più presto possibile. Tutti quelli sono dei frustrati e sono scesi in piazza senza mascherina“.
“Spero non ricapiti, sto lottando perché non succeda con il comitato di cui faccio parte, ‘Noi Denunceremo’ – conclude la farmacista originaria di Bergamo -. A quel punto voglio vedere se hanno il coraggio di ripresentarsi in piazza”.
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