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“Difficilmente mi impressiono, ma entrando lì (nel Pronto Soccorso ndr) non puoi non impressionarti. Mai vista una situazione del genere. Mai!”. Queste le parole di uno dei tantissimi soccorritori del 118 davanti agli ospedali di Milano e provincia in una notte di guerra al Covid. La città è deserta e per le strade rimangono le ambulanze che trasportano, con la speranza di trovare un ospedale disponibile, le persone con sintomatologia Covid. “Mi capita sempre più spesso in questo periodo di uscire dalla centrale e non rientrare più per tutto il mio turno“, racconta uno di loro. “Rimaniamo in attesa anche cinque, sei ore; ad alcuni colleghi è capitato di rimanere qui nel parcheggio con il paziente a bordo dalle 23:30 alle 10:00 del mattino“.
La sala operativa Soreu dell’ospedale Niguarda è lo specchio della gravissima situazione del Covid a Milano. “Siamo passati da mille chiamate circa a più di duemila”, racconta la responsabile Alessandra Sforza, “stiamo vedendo con i nostri occhi l’escalation dei casi, e questo è allarmante”. Chiamate di ogni tipo in arrivo agli operatori, che rispondono cercando di gestire una situazione di emergenza e panico fuori controllo. “Non possiamo mandarle un’ambulanza solo per controllare signora, le abbiamo tutte bloccate”, risponde un operatore del centralino cercando di spiegare la situazione. “Qui a Milano non abbiamo più posto, potrebbe capitare di essere ricoverata a Treviglio, Cremona o addirittura a Bergamo. So che ha cinquant’anni e ha paura”, rassicura un’altra centralinista, “ma non è la sola costretta a lottare contro questo virus da sola in casa”.
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