Il Consiglio dei ministri ha dato il via libera, all’unanimità, al disegno di legge per l’attuazione dell’Autonomia differenziata. Il provvedimento, che ha già avuto l’ok della conferenza Stato-Regioni, passa ora in Parlamento che dovrà esaminarlo e poi votarlo. Subito dopo, a causa proprio del disegno di legge, sono state rivolte minacce allo stesso ministro Calderoli, ecco per quale motivo.
Passa il disegno di legge di Calderoli per l’Autonomia differenziata. Il ministro: “Io non ho paura delle minacce”
La riforma, promulgata dal ministro Roberto Calderoli per gli Affari Regionali, promuove ulteriormente il processo di decentramento di varie competenze attualmente divise tra l’autorità centrale dello Stato e quella locale. Settori come salute, lavoro, ambiente e istruzione rientrano in questa categoria. Secondo il piano di Calderoli, le Regioni avranno la possibilità di delegare tali responsabilità agli enti amministrativi più prossimi ai cittadini.

Questa riforma, però, ha portato il ministro a ricevere delle pesanti minacce di morte. “In questi ultimi giorni di agosto – ha scritto il ministro per gli Affari regionali e le autonomie sul proprio account Facebook – mi è arrivata una lettera in cui mi dicono testuale: ‘Se non la smetti di attuare la politica di genocidio nei confronti del Sud, con la nostra potenza di fuoco noi ti uccideremo. Siamo la mafia, non ci costa niente uccidervi’. Io non ho paura delle minacce, non mi spavento e vado avanti fino a quando non avrò realizzato l’autonomia regionale. E poi dopo andrò a fare il pensionato sul mio trattore”.
La riforma nota come “Disposizioni per l’attuazione dell’autonomia differenziata delle Regioni a statuto ordinario” aveva suscitato preoccupazioni non solo tra alcuni enti locali e persino nel contesto della mafia, ma anche all’interno del partito Fratelli d’Italia.
Ma che cos’è l’Autonomia differenziata? L’autonomia differenziata si riferisce alla pratica in cui lo Stato concede a una Regione il potere di creare leggi indipendentemente su questioni specifiche. Attualmente, le Regioni hanno la facoltà di legiferare autonomamente su temi come la sanità regionale, senza essere vincolate alle leggi nazionali. Questo concetto, tuttavia, solleva significative preoccupazioni, specialmente tra critici e studiosi, legate soprattutto alla sfera fiscale. Le Regioni, infatti, possono trattenere entrate fiscali che in precedenza venivano distribuite su base nazionale per soddisfare esigenze collettive.
Attualmente, le materie di legislazione concorrente includono rapporti internazionali, commercio estero, istruzione, salute, alimentazione, sport, porti, aeroporti, reti di trasporto, comunicazione, energia, cultura e ambiente.
Va notato che l’autonomia delle Regioni non è una novità, poiché è prevista anche nella Costituzione italiana. L’articolo 116 stabilisce le condizioni per ulteriori forme di autonomia su materie specifiche.
Cosa cambierebbe con la riforma del ministro? La riforma proposta dal ministro prevede l’introduzione dei “livelli essenziali di prestazione” (LEP), che definiscono requisiti fondamentali nei settori dei diritti civili e sociali. Questi LEP guidano la distribuzione dei finanziamenti alle Regioni, allo scopo di valutare e affrontare le disparità tra territori.
Uno dei punti di contesa è che le Regioni potrebbero raggiungere un accordo sugli LEP anche senza il decreto del presidente del Consiglio, il quale solitamente stabilisce tali requisiti. Inoltre, i finanziamenti verrebbero erogati sulla base della spesa storica della Regione richiedente l’autonomia.
La discussione principale ruota intorno a questo metodo di finanziamento, poiché i critici della proposta affermano che potrebbe accentuare il divario economico e sociale tra il nord e il sud dell’Italia. Il giornale “Il Fatto Quotidiano” ha persino utilizzato il termine “secessione dei ricchi” per descrivere tale eventualità.