Bonus trasporti: l’ennesimo click day fallimentare. Perché?

Click day o “flop day”? Perché questi sistemi della Pubblica Amministrazione non funzionano ma un Prime day, ad esempio, si?

Immagine Pexels | @JustinHamilton - Newsby.it
Newsby Matilde Brizzi 2 Ottobre 2023

La rivoluzione digitale prometteva di cambiare tutto e rendere più semplici molti aspetti delle nostre vite, in particolare quelli legati al rapporto con lo Stato e le sue istituzioni.

Tuttavia, tali promesse sono state tra le più disattese, con inefficienze e complicazioni che rendono fare impresa in Italia notoriamente più difficile del necessario. Un esempio lampante di questo fallimento è il lancio e l’impiego dei cosiddetti “click day” per l’erogazione di bonus e risarcimenti.

Un simbolo di un fallimento non dovuto a improbabili attacchi hacker o a problemi dell’infrastruttura, ma a una riproposizione in chiave digitale di dinamiche analogiche. In altre parole: un problema culturale.

Il click day di ieri per il bonus trasporti

Dalle 8:00 di domenica primo ottobre era possibile accedere al portale del ministero per chiedere il bonus trasporti, un contributo da 60 euro per l’acquisto di un abbonamento mensile, di più mesi o annuale per l’utilizzo dei mezzi pubblici, autobus e treni.

Il governo aveva messo a disposizione 12 milioni di euro, i quali però sono andati ad esaurire in poche ore. Già alle 17 del pomeriggio, quindi a meno di 10 ore dall’apertura del “click day”, non era più possibile accedere alla piattaforma «per il momentaneo esaurimento della dotazione finanziaria prevista dal Decreto legge n.5 del 14 gennaio 2023».

Il ministero del Lavoro ha poi comunicato con una nota che tra le tra le 8 e le 16.51 sono stati prenotati ticket per 12.221.775 di euro, somma che comprendeva il mancato utilizzo dei bonus richiesti a settembre 2023 (221.775 euro) e i 12 milioni di euro stanziati dal decreto del 29 settembre. E quindi, con questo, ha diffuso che i fondi erano finiti, almeno fino a nuovo ordine.

Perché è un’infinita e prevedibile serie di flop day?

Dal bonus bici al cashback, dalle prenotazioni dei vaccini lombardi ai bonus imprese siciliani, dal Monte Bianco all’Etna, la sottile linea rossa che tiene insieme questi eventi è riassunta nelle sconsolate cronache del giorno dopo che titolano “Il sito va in tilt”, “Partenza a ostacoli”, “Flop day”, invece che “click day”.

Ora, pur consapevoli che l’opinione pubblica tende a fare più caso ai malfunzionamenti che ai successi dello Stato, soprattutto se parliamo dell’Italia, è incontrovertibile che questo tipo di erogazione digitale, che per molti italiani corrisponde ad una chance preziosa di ricevere un servizio, funzioni ben poco.

La domanda riccorrente quindi è servita su un piatto d’argento: com’è possibile che quando guardiamo un film su Netflix o ordiniamo un pacco su Amazon il malfunzionamento è la rarissima eccezione, mentre quando chiediamo cose anche importanti alla Pubblica amministrazione è spesso la regola?

Il format è sbagliato, e non solo

Una parte della risposta sta proprio nel format: un giorno solo, se non solo poche ore, in cui si concentrano tantissime richieste, non può che complicare la procedura, e renderla che una gara all’ultimo sangue, in cui anche chi segue le regole, attende, si fa trovare pronto, spesso si scontra con un sistema mal funzionante, e giustamente si indigna.

Se, come riportato, nemmeno i lanci dei click day in passato e l’erogazione di un servizio tramite la sua digitalizzazione, hanno funzionato, però, ciò non dipende solo dal format, ma dall’approccio alle richieste dell’ente che deve rispondere a tutte quelle che arrivano. In altre parole: se si opta per un tale sistema digitale, la risposta deve essere altrettanto avanzata, efficace, funzionante (tramite pochi click). Ma è evidente che ciò non accada.

È un disservizio annunciato

Stefano Quintarelli, decano dell’internet e presidente del governativo comitato di indirizzo dell’Agenzia per l’Italia Digitale, ha dichiarato in un tweet recente in risposta allo stupore per i disservizi dell’ex presidente di Cassa depositi e prestiti Franco Bassanini: “Siamo ancora a fare i click day… Se metti “in palio” qualcosa di ambìto a partire dall’ora x, tutti coloro che vi ambiscono tenteranno di accedere tra le x:00:00 e le x:00:01. Una delta di Dirac, un auto-attacco Ddos (distributed denial of service) istituzionale“.

Spieghiamo qualche tecnicismo in parole più digeribili: il Delta di Dirac è un picco improvviso in una curva di distribuzione, e può sembrare ancora un concetto ostico da capire, ma un caso di Ddos, ovvero il fatto che un sito va giù quando non riesce a sopportare la concentrata quantità di richieste, è un’immagine ben più efficace. Un distributed denial of service, dopotutto, tradotto letteralmente è una “negazione di servizio distribuita”. Ed è, purtroppo, consapevole da parte di chi la distribuisce.

Bus a Roma
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I click day non sono mai stati una buona idea

A meno di non avere a disposizione un’infrastruttura di enormi dimensioni, è lecito attendersi che centinaia di migliaia di utenti che cerchino di effettuare operazioni portino a problemi. Un concetto che appare elementare anche ai non addetti ai lavori, ma che non sembra aver spaventato gli ideatori del “click day” per il bonus biciclette ad esempio, lanciato a novembre del 2020, i quali hanno scatenato sistema di code infinito con l’illusione di riuscire a gestire la mole improponibile di richieste.

Il problema, in questo caso, non sta nel fatto che l’infrastruttura non abbia retto. Non era questo il problema nemmeno per il “click day” dell’aprile dello stesso anno, quando i server dell’INPS non hanno retto alle richieste di connessione da parte dei professionisti.

Il problema vero sta nel fatto che un click day non è mai una buona idea, questo soprattutto perché se pur nell’erogazione digitale di un servizio, si sono applicate le logiche antecedenti al mondo digitale. Google non mette in coda gli utenti quando questi fanno una ricerca, né Amazon chiede di attendere il proprio turno per poter fare i propri acquisti. Perché, dunque, chiedere ai cittadini di mettersi in coda con il proprio computer come se si trovassero in un ufficio postale?

Perché allora continuano ad essere indetti click day?

I “click day” sono il frutto di una cultura immobile e la proverbiale punta dell’iceberg di un sistema burocratico che danneggia tutti, a partire dai contribuenti.

La ragione per cui ci si ostina a proporre queste modalità inadeguate sta nella mentalità: chi pensa a queste implementazioni è saldamente fermo nella prima metà del ventesimo secolo e pare non avere alcuna intenzione di andare oltre. Finché la politica non deciderà di porre un freno a queste modalità imponendone di più moderne, continueremo a fare code virtuali.

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