Ha fatto un certo effetto agli inquirenti trovare in uno dei covi di Matteo Messina Denaro, arrestato in una clinica di Palermo lunedì 16 gennaio, anche abiti femminili. Per gli inquirenti sarebbero la prova che il capomafia aveva una relazione con una donna. Gli investigatori hanno trovato i vestiti nel primo rifugio a vicolo San Vito, in via Cb31, nel paese di Campobello di Mazara, nel Trapanese. Sempre in questo covo, durante le indagini, erano spuntate foto di animali feroci, magneti da frigorifero con l’immagine del boss de “Il Padrino” e sotto la scritta “il padrino sono io”. Anche in passato, perquisendo i covi di altri boss, furono trovate cose che lasciarono stupefatti i militari.
Luciano Liggio
Luciano Liggio è stato arrestato a Milano la notte del 16 maggio 1974, la guardia di finanza aveva fatto il blitz nel complesso di lusso in via Ripamonti dove viveva con la compagna e il figlio di 22 mesi. Nel condominio c’era un ampio e ben curato giardino con un parco giochi per i bambini, un laghetto con le anatre e box sotterranei.

Michele Greco
Arrestato nel 1986, dopo quattro anni di latitanza. Il Papa, così era soprannominato Michele Greco, fu raggiunto in un casolare nelle campagne di Caccamo, a una cinquantina di chilometri da Palermo, dove si nascondeva sotto falso nome. Quando fu perquisito il suo covo furono trovati quattro testi religiosi e una Bibbia.
Giovanni Brusca
Giovanni Brusca oggi è libero dopo aver collaborato con i magistrati, ma finì in manette il 12 gennaio 1996 in contrada Cannatello, una frazione marina di Agrigento. In quel momento i fratelli Brusca stavano guardando il film Giovanni Falcone di Giuseppe Ferrara trasmesso da Canale 5 e vennero ammanettati dall’ispettore Luciano Traina, fratello di Claudio, uno degli agenti di scorta uccisi nella strage di via d’Amelio.
Leoluca Bagarella
Arrestato, dopo un rocambolesco inseguimento, dalla Dia il 24 giugno 1995 in un’affollata via palermitana. Leoluca Bagarella, cognato di Totò Riina, fu scovato grazie a un’imbeccata del collaboratore di giustizia Tullio Cannella. Nel covo c’era una sconfinata collezione di libri di ogni genere, soprattutto di filosofia, attualità, politica e, manco a dirlo, ogni genere di volume scritto sulla mafia negli ultimi anni.
Bernardo Provenzano
Finì in manette l’11 aprile 2006, Bernardo Provenzano – che si nascondeva in un casolare vicino Corleone – era ricercato dal 1963. In tasca aveva alcuni pizzini, scritti con due macchine per scrivere ritrovate nel covo da cui dirigeva i suoi affari miliardari. Neppure l’ombra di pc, telefoni o cellulari per via della sua fobia di essere intercettato. Alle pareti c’era un numero elevato di crocifissi, immagini di santi e una Bibbia con appuntate alcune enigmatiche frasi in codice.

Salvatore e Sandro Lo Piccolo
Arrestati nel novembre del 2007, Salvatore Lo Piccolo e il figlio Sandro erano considerati i numeri uno a Palermo. Nelle due villette furono trovati alcune migliaia di euro e altri costosi. Ma anche un “libro mastro” del pizzo e una sorta di decalogo del “perfetto mafioso”. Con questo paragrafo: “Chi non può entrare a far parte di Cosa Nostra: chi ha un parente stretto nelle varie forze dell’ordine, chi ha tradimenti sentimentali in famiglia, chi ha un comportamento pessimo e che non tiene ai valori morali”.
Totò Riina
Arrestato a Palermo il 15 gennaio 1993, quasi 30 anni esatti dall’arresto dell’ultimo stragista, Matteo Messina Denaro, abitava in una villa bunker a più piani, in un complesso residenziale nel quartiere periferico. Da ricordare che il covo non fu perquisito subito dopo e nessuno si accorse dei mafiosi che, secondo il racconto dei pentiti, tornarono per portare via tutto. A cominciare dall’archivio di Riina.